Ed ecco perché la scultura di Vito Guardo, anche quando si innerva con semplicità nelle fibre della radice vegetale, fino a liberare il palpito stesso del materiale, compie nella pratica espressiva una metamorfosi più che una trasfigurazione, dal momento che il legno offre alla sgorbia la sua matrice, così come scaturita dal grembo stesso della radice.
In effetti, l’artista freneticamente toglie per trovare e ristabilire le cavità interne della materia, le fibre del legno, la tensione della radice, non già la connotazione plastica ricondotta all’idea precostituita esterna, ma alle forme della vita e della pienezza, assoluta e plastica, dell’essere vivente nel cosmo.